Cultura/Stage Bologna

Bologna, «selva turrita»

di Giuseppina Balzano e Francesco Cristiano. Università, portici, tortellini… ma anche e soprattutto torri; la città delle torri.  Secondo il conte Giovanni Gozzadini, tra il XII e il XIII secolo se ne contavano circa 180: pare che più la torre fosse alta, maggiore fosse il prestigio della famiglia committente. Posta al centro di turbolente vicende politiche, in realtà Bologna si serviva di queste costruzioni a scopo difensivo o,  in certi casi,  anche offensivo. Solo una ventina sono sopravvissute ai secoli: tra queste, quella “degli Asinelli”, che con i suoi 98 metri è oggi il simbolo della città.

Leggenda vuole che l’imponenza del maestoso edificio rifletta l’amore di un giovane Asinelli per una bella fanciulla aristocratica. Per ottenere la sua mano, egli avrebbe dovuto compiere un’impresa assolutamente fuori dalla sua portata di medioborghese: edificare la torre più alta della città. Grazie al fortunato ritrovamento di un carico d’oro, la costruzione fu ultimata in appena nove anni e i due giovani riuscirono a coronare il loro sogno d’amore. In realtà, ben diverse erano le effettive condizioni economiche della famiglia: difatti, solo più tardi gli Asinelli ne divennero effettivi proprietari. L’edificio sarebbe stato realizzato con denaro pubblico per volontà di Matilde di Canossa tra il 1109 e il 1116 e acquistato dalla famiglia cinquant’anni dopo.

Tutt’oggi la torre continua a essere fonte di meraviglia e meta obbligata per le centinaia di turisti che ogni giorno affollano le stradine del centro storico. La salita non è certo facile. Quattrocentonovantotto gradini, a tratti ripidi e molto stretti, poche aperture a mo’ di finestre, l’atmosfera sempre più rarefatta: la fatica si fa sentire; ma, finalmente, si raggiunge l’ultimo gradino. Dalla cima la sorpresa: la città si apre allo sguardo nella sua interezza, dominata da secoli dalla torre; antico e moderno si armonizzano nello stupefacente panorama. Sullo sfondo le colline bolognesi, il cui verde si ritrova qua e là nel tessuto urbano; poi i nuovi edifici, unico segno dello scorrere del tempo in un paesaggio altrimenti immutato. Cattura lo sguardo l’ampia Piazza Maggiore, con la secolare Cattedrale di San Petronio e l’imponente edificio di Palazzo d’Accursio, sede del Comune. In basso, piazza di Porta Ravegnana, da cui dipartono le quattro principali strade cittadine, che si perdono all’orizzonte: via Rizzoli, via Zamboni, via S. Vitale e Strada Maggiore. Infine, la “gemella” Garisenda, che dall’alto impressiona per la sua pendenza e dal basso sembra quasi ripiegarsi sull’osservatore. Scriveva a questo proposito il Poeta: ” Qual pare a riguardar la Garisenda/ sotto ‘l chinato, quando un nuvol vada / sovr’essa sì, che ella incontro penda;/  tal parve Anteo a me che stava a bada  di vederlo chinare/ […]”.

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